venerdì 18 settembre 2009





Milano è fredda e grigia in questa giornata che ha improvvisamente perso ogni colore.

Guardo le foto e riconosco Massoud Circle, a poche centinaia di metri da quella che è stata la mia casa per oltre un anno a Kabul. Ci sarò passato centinaia di volte. Ne conosco ogni metro, ogni buca. Le due corsie con lo spartitraffico e i negozi a sinistra. L'ambasciata americana da una parte, l'aeroporto dall'altra. Ho i brividi ma non è la temperatura del mio ufficio. Penso ai nostri ragazzi, un tempo colleghi, caduti in questo Paese che è sempre più difficile capire e che ci sembra ogni giorno più lontano. Vedo quel telo azzurro, ultima pietosa barriera che separa la crudeltà della guerra dagli obiettivi dei fotografi. Penso alle famiglie, alle mogli, alle fidanzate, ai genitori e ai figli in Italia, che ancora non sanno. Penso a Kabul, alla sua gente, agli amici lasciati laggiù. Penso ai tanti militari italiani con i quali ho lavorato e vissuto, così lontanti dalla politica, dalle polemiche e dalle strumentalizzazioni che sentiremo domani. Come recita una poesia, dedicata ai parà caduti a El Alamein, che il Dio degli eserciti vi accolga in quell'angolo di cielo riservato agli eroi.

Marco Henry

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